Che Bello Essere Noi
Per parlare di certi dischi in maniera consapevole e per poterne apprezzare l’ascolto, può essere talvolta necessario e doveroso fare un passo indietro, e, in questa determinata circostanza, provare a capire come avevano vissuto Jake la Furia, Guè Pequeno e Don Joe fino all’anno 2010, anno in cui venne alla luce Che Bello Essere Noi.
Nell’estate del 2009 il trio milanese ha appena fatto uscire Dogocrazia, il quarto album dei Club Dogo, il primo sotto Universal. La thesìs dell’album, già dal titolo e dallo stile grafico della copertina, è inequivocabile e mostra con autorevolezza il vero e proprio regime dei quali i Dogo si sentono padri e leader assoluti. L’album vende bene, e rimane ai vertici delle classifiche per oltre tre mesi, e col successo commerciale arriva finalmente tutto ciò che i Dogo avevano sempre sognato: la televisione, i soldi, arriva per fino la pubblicazione del loro primo libro La legge del Cane, e, per completare il quadro, uno spot per la Nike con Mario Balotelli. I Club Dogo ce l’hanno fatta, e possono finalmente mettersi a nudo e mostrare al grande pubblico la loro vera natura, decidono di farlo attraverso un manifesto del loro credo, e si ritrovano finalmente liberi di affermare Che bello Essere Noi.
Voi Non Siete Come Noi
La prima traccia è quasi la title track dell’album e rappresenta il primo punto del manifesto dei Dogo, il come: la loro unicità, il loro essere arrivati al successo vero, quello brillante, crudo e senza compromessi, il successo che tutti vorrebbero ma che nessuno osa confessare. Jake apre la traccia con la spacconeria di strada che lo ha sempre contraddistinto fin dai suoi primi passi sui sampietrini milanesi:
“Non sono più quello di Mi Fist, quindi? Cazzo vuoi?/
Spacco la traccia e faccio un sacco di pila
e non faccio una rima pacco dal 2000″
(da Voi Non Siete Come Noi, Jake La Furia)
I fasti di Mi Fist, tanto idolatrati dai loro fans quanto ridimensionati in ogni occasione dai Dogo stessi, non rappresentano per loro una fonte positiva di nostalgia, quanto più un termine di paragone al quale verranno costantemente accostati per tutta la loro carriera. Jake prova a spiegare che la loro vera natura e il loro progetto musicale non si rispecchia quasi per nulla all’interno di un album come Mi Fist, ma è piuttosto legato a dei principi decisamente più materiali e molto meno ideologici di quanto si possa pensare. Dopo aver affermato i principi del manifesto della Dogocrazia, Jake passa ad esporre i motivi per cui “non siete come noi, e non lo sarete mai”:
“Bin Laden, ma con i bling bling frate, zio non vi indignate/
con quella faccia che fate i ribelli sul palco e dopo vi impizzate”
(da Voi Non Siete Come Noi, Jake La Furia)
La vera forza dei Club Dogo risulta quindi essere l’autenticità, la sincerità nelle loro dichiarazioni di intenti. Che bello essere noi non significa dunque solo gioire della ricchezza e del successo conquistato, che bello essere noi va oltre il semplice egotrip, significa avere la fama e potersela godere, di poterla sbattere in faccia a tutti senza compromessi, rimanendo coerenti col proprio status: che bello essere noi, e non essere voi.
L’album aspira dunque ad essere un vero e proprio game changer per il rap italiano, vuole abbattere i tabù legati alla ricchezza e alla sua conseguente ostentazione, alla fama e al suo luccichio, togliere i filtri e l’ipocrisia che per troppo tempo hanno soffocato il rap italiano.
Spacco Tutto
“Spacco tutto” è la seconda traccia di Che Bello Essere Noi, l’unico termine che rende giustizia e che descrive in maniera al contempo accurata e concisa questo pezzo è la parola “zarro”. Può essere quasi definito un inno all’ontologia dello zarro, in “Spacco tutto” non manca niente: il club come location, l’egotrip sfrenato, ci sono le punchline e il gergo street milanese, ma soprattutto c’è tanto tanto autotune. Questo pezzo è piuttosto emblematico per quanto riguarda il mondo dei Club Dogo, e rappresenta il dove: il pezzo sembra fatto apposta per essere passato in discoteca, ed è proprio questa la nuova dimensione che Jake, Guè e Don Joe vogliono dare al rap italiano.
“Riguardo al rap, non avrai altro dio all’infuori di Guè”
(da Spacco Tutto, Guè Pequeno)
I Dogo si autoaffermano dunque come capostipiti e pionieri di una nuova frontiera per il loro genere, sono infatti i fautori del passaggio di consegne del rap italiano dai centri sociali alla discoteca, dalle birre in lattina alle bocce nei club, dai vestiti ronci alle Nike più nuove.
“E una cifra di cloni coi 501,
solo perché gli Evisu stanno a 500 l’uno”
(da Spacco Tutto, Jake La Furia)
Il vestiario diventa infatti una parte fondamentale dello stile dei Club Dogo che segnano una svolta significativa nel modo di vedere la figura del rapper in italia: come nell’Hip Hop americano, gli MC possono nuovamente permettersi di indossare collane d’oro, pellicce, Nike da 3 gambe al paio. Oltre a un fenomeno culturale, il mondo della moda e l’ostentazione dell’apparire diventerà, grazie all’endorsement dei Dogo, un tema sempre più frequente nei testi rap italiani. E’ da segnalare infine, per dovere di cronaca, che “Spacco Tutto” è stato oggetto di un remix quantomeno controverso per una campagna pro ambiente, fattispecie che – a modesto parere dell’autore – conferisce ancora più valore al pezzo.
Per la Gente
“Per la gente“ è la traccia numero tre dell’album, ed è il terzo punto del manifesto della visione del rap italiano che i Club Dogo ci stanno illustrando, il chi. A quale pubblico è rivolta la musica dei Club Dogo? A chi piace ascoltare dei rappers che chiamano le loro ragazze sgrille e che fanno dell’estetica uno dei loro dogmi più importanti? Molto semplicemente, a tutti.
“Per i miei frà sempre con l’impasto in mano,
Intendo sempre, tipo che muoiono con l’impasto in mano/
Chi dice “zio” venti volte al minuto (bella zio!)
Inguaiati, tatuati di brutto”
(da Per la Gente, Guè Pequeno)
L’incipit della strofa di Guè può confondere, e far pensare all’ascoltatore che il messaggio che i Dogo esprimono attraverso le loro tracce sia rivolto solo a un determinato pubblico, alla gente che vive per strada, che spaccia, a mezzi criminali o pregiudicati. Ma si sa, visto che pecunia non olet e più il mercato è ricco, più rende ricchi, i Dogo, nell’elencare strofa dopo strofa le categorie di ascoltatori a cui si rivolgono, finiscono per far capire in maniera abbastanza rapida l’antifona. Il Dogo è per la gente, il Dogo non ha pregiudizi, il Dogo è per tutti.
“A chi è Santa Margherita, San Vincent o San Moritz
A chi è a San Vittore e scrive a chi lo sta aspettando fuori/
A chi studia, chi spazza / Chi sputa, chi smazza
Chi legge mille libri e chi legge solo la Gazza”
(da Per la Gente, Guè Pequeno)
I Club Dogo si considerano dunque a cavallo e trasversali a tutte le categorie di persone, da ricche località sciistiche a posti in cui la neve ha un’altra accezione. Chiunque può trovare nella loro musica un senso, una spinta, un pezzo da ascoltare in discoteca o andando in ufficio a lavorare. Il messaggio ha sicuramente una matrice molto popolare, ed è un ulteriore dichiarazione di intenti col fine di allargare al massimo il bacino d’utenza della loro musica, e di affermare ancora una volta la spontaneità delle loro canzoni, mai create a tavolino per un target specifico.
Anni Zero ft. Co’Sang
La quarta traccia di Che bello essere noi è “Anni Zero”, i Club Dogo chiudono l’incipit dell’album inserendo il quarto punto del loro manifesto, il quando. Il fattore temporale è fondamentale per comprendere l’evoluzione del gruppo e le loro scelte stilistiche, in più la critica sociale è da sempre stata un argomento ricorrente nei loro testi: spesso i Dogo hanno infatti attribuito a condizioni esterne la loro evoluzione personale, basti pensare a pezzi come “Cattivi Esempi“ o “Sangue Strass e Paillettes“. In “Anni Zero” la critica sociale dei Club Dogo è incanalata attraverso un vero e proprio spaccato degli anni 2000 e dei suoi clichè.
“Negli anni zero ho visto fare il morto in piazza,
Con il cervello che galleggia nella chiazza/
Negli anni zero vale solo se va in tele,
è la magia degli anni zero: le bugie sembrano vere”
(da Negli Anni Zero, Jake La Furia)
Gli anni zero per Jake, Guè e Don Joe rappresentano gli anni della maturità, della crescita e soprattutto di un tema spesso ripreso dai Dogo, ovvero la disillusione. Nella discografia del gruppo sono infiniti i riferimenti a eroi dell’infanzia provenienti dalla TV o dai cartoni fino a protagonisti di film Cult americani.
“Negli anni zero sono diventato grande
Ho smesso di correre dietro alle leggende
Da Gesù cristo a Scarface ne ho viste tante
Sono sempre finite poi tutte nel sangue”
(da Negli Anni Zero, Club Dogo)
Negli anni 2000 i Dogo però si scontrano con la realtà, si rendono conto che le leggende e i miti a cui si ispiravano sono finti e non corrispondono alla vita reale, e la disillusione nei loro confronti porta ai Dogo alla perdita di ogni principio morale e allo sviluppo di un cinismo piuttosto marcato nella visione della realtà.
JCVD
Con “JCVD” i Dogo proseguono il loro filone narrativo legato alle leggende di infanzia cominciato nella traccia precedente. JCVD è l’acronimo di Jean Claude Van Damme, celebre attore/lottatore esperto di arti marziali. Il nome dell’attore viene ripetuto in ogni barra del pezzo, e ogni comportamento che i Dogo hanno oggi o hanno avuto durante la loro adolescenza viene attribuito all’esempio di JCVD.
“Vita dannata, sregolata come Jean-Claude
Su l’industria faccio la spaccata come Jean-Claude
Io non mi sono mai venduto come Jean-Claude
E frà ho abusato un po’ di tutto come Jean-Claude”
(da JCVD, Club Dogo)
La tendenza dei Club Dogo a giustificare i propri comportamenti in virtù degli esempi mediatici a cui sono stati sottoposti durante l’infanzia raggiunge l’apice in questa traccia, e segue il filone del se penso come penso non è colpa mia. La tecnica della ripetizione di un concetto alla fine di ogni barra, che sia questo XDVR o la reiterazione quasi ossessiva di Jean-Claude, risulta estremamente incisiva e originale per l’ascoltatore, e contribuisce inoltre a creare l’effetto tormentone a cui i Dogo sono abbastanza legati.
Ciao Proprio ft. Marracash
La sesta traccia di Che Bello Essere Noi è “Ciao Proprio“, una delle vere e proprie Hit dell’album a livello di testo e di musicalità, impreziosito dal ft. di Marracash.
La traccia è un ottimo mix di incastri, punchline e egotrip, quasi un esercizio di stile per i Dogo e Marra, che anche in questi pezzi privi di particolare profondità tematica possono dare libero sfogo ai propri tecnicismi.
“Rimo da quando i frà ti rubavano il Barbour,
Gremo e cammino sui muri tipo parkour/
Parlo di strada come un Tom Tom o un Garmin,
Non ho ancora imparato come comportarmi”
(da Ciao Proprio, Guè Pequeno)
Il mood del pezzo è immediatamente intuibile dall’incipit rimo-da-quando di Guè, che nel 90% dei casi prelude a un pezzo in cui i Dogo o Guè stesso si autocelebreranno in ogni modo possibile e immaginabile screditando e denigrando invece gli altri MC della scena.
“Frà ti ascolti il rap e hai l’avatar con Adolf Hitler,
Non hai mai visto un palco zio però quante scritte,
Sei un MC ( sii ) solo dentro casa con Twitter”
(da Ciao Proprio, Jake La Furia)
Nel pezzo viene anche parzialmente affrontato il tema degli haters da tastiera, a cui i Dogo non hanno mai dato troppo peso nei loro testi, limitandosi a snobbarli o in maniera più semplice (e ovviamente divertente per noi) a sfotterli. Il ritornello di “Ciao Proprio“ rappresenta forse il vero tormentone dell’album, reso ancor più incredibile dalla magistrale interpretazione di Vincenzo da via Anfossi del concetto del “più me ne danno e più me ne prendo” nel video ufficiale della traccia, probabilmente inizialmente concepito in relazione alle offese degli haters, ma interpretato in maniera differente da Enz Benz.
All’Ultimo respiro
La settima traccia di Che Bello Essere Noi è “All’Ultimo Respiro“. La base di Don Joe è azzecatissima e ci catapulta immediatamente nel sad-mood tipico dei Club Dogo, il tema del pezzo invece è il difficile rapporto amore-successo che Jake e Guè vivono dopo aver raggiunto la fama. Nel testo della canzone traspare una certa malinconia dovuta al rovescio della medaglia della fama raggiunta attraverso la musica, che non rende ovviamente facile stabilire un rapporto sentimentale duraturo, e finisce anzi per rendere i protagonisti del pezzo cinici e distaccati.
“E vedo un teschio se mi guardo allo specchio,
Là fuori i cattivi stanno vincendo e tu ci vai a letto/
Ma dalla merda non ci esci profumata Chanel,
Io stesso adesso penso solamente al sesso ed al cash”
(da All’Ultimo Respiro, Guè Pequeno)
La controparte amorosa però non segue sicuramente dogmi differenti dai Dogo, che si ritrovano in una sorta di limbo estremamente malinconico per cui nè loro nè le donne che frequentano riescono mai a raggiungere ciò che davvero desiderano. I sentimenti traspaiono attraverso il testo della canzone, e a tratti sembra che il peso del successo sia quasi eccessivo e non sostenibile, tanto che vorrebbero quasi sbarazzarsene. Ma ormai i Dogo si ritrovano in una posizione dalla quale non possono più tornare indietro, la musica ha dato loro soldi, fama e successo, ma gli hanno tolto la fame, l’ambizione.
“Quando ho iniziato avevo gli occhi della fame,
Talento ed ambizione,
Zio, questi hanno solo gli occhi da infame/
E’ regolare dire che se stai di merda io sto uguale
Che sudo mentre guardo il soffitto e dormo male”
(da All’Ultimo Respiro, Jake La Furia)
In questa strofa Jake sembra quasi rassegnato alla condizione che ha ormai raggiunto, ricorda i tempi in cui faceva musica per fame (tra l’altro ex nome d’arte di Jake La Furia), ma è come se sapesse che quei tempi sono ormai passati e irragiungibili per la condizione in cui si trova ora.
“Il cuore non importa più, cerca di indurirlo,
Mentre parli l’innocenza se ne va sui tacchi a spillo/
E sei già peggio di me
Fuori brutto, dentro brutto,
Fatti gli occhi della fame,
Alza lo sguardo e prendi tutto”
(da All’Ultimo Respiro, Jake La Furia)
Nell’ultima parte Jake si rivolge alla ragazza con cui sta parlando, ma a tratti sembra quasi parlare a se stesso. E’ conscio della sua condizione ormai irreversibile e ne sembra ormai rassegnato, “gli occhi della fame” non rappresentano più l’ambizione del vecchio Jake ma diventano invece fonte di sopravvivenza.
Giù Con la Testa ft. Entics
In ogni album dei Club Dogo risulta immancabile la traccia dedicata al genere femminile, solitamente si sviluppa in un mix di venerazione per il gentil sesso e di espressioni più spinte e carnali nei confronti delle donne, si pensi a LLCD in Mi Fist, Sgrilla in Dogocrazia o a Non sto in cerca di una sposa contenuta in Penna Capitale. Le componenti romantiche e erotiche non sono sempre esattamente bilanciate, tantomeno in Giù con la testa, per la quale giudicare un libro dalla copertina per una volta risulta un’ottima idea.
Via dalla ressa,
andiamo a casa mia o andiamo a casa tua,
Ti togli anche l’ultima cosa che resta/
Sei tu vai giù, giù, io vado giù, giù
E poi la metto in buca, TiGuèr Woods
(da Giù Con la Testa, Guè Pequeno)
I testi dei Club Dogo sono spesso stati additati come sessisti da diverse riviste di settore, soprattutto per il modo in cui Jake e Guè spesso dipingono il genere femminile, limitandosi la maggior parte delle volte a descriverne solamente gli attributi fisici o atteggiamenti di facili costumi. Il testo di Nella City, traccia contenuta nella compilation Street Flava 2nd Avenue di Stokka e MadBuddy, ci viene in aiuto per sfatare questo mito.
Sopra alle labbra ha un neo/
La mia mente gioca a tris,
Occhiate a raggi X/
Attraverso il suo pareo
(da Nella City, Guè Pequeno)
In uno dei tanti passaggi in cui Guè descrive l’angelica visione che ha appena incontrato in un negozio di dischi, si può notare come la descrizione della donna nei Dogo sia sicuramente molto visiva ed estetica, ma bilancia benissimo il bello con l’erotico con l’obiettivo di regalare all’ascoltatore un’immagine perfetta del soggetto in questione.
Rimane il fatto che Giù con la testa non è altro che un pezzo in cui Jake e Guè tentano di potar via una donna da una festa per portarla a letto, e rappresenta sicuramente una parte della visione femminile dei Club Dogo, sicuramente in linea con il mood di CBEN.
D.D.D
Il secondo pezzo “Clubbettone” dell’album è sicuramente D.D.D., acronimo per Dance Dance Dance. Il mondo della discoteca è sempre stato una sorta di sogno estremo per i Dogo, un mondo che hanno frequentato e in cui hanno sguazzato volentieri sia da giovani che dopo il successo, ma che non è mai stato propriamente loro.
Voglio stare alla console che sul palco,
Salto da una parte all’altra e rischio l’infarto.
Il DJ pompa non c’è niente da capire,
Sai che sbatti per me scrivere ste rime
(da D.D.D., Guè Pequeno)
Il concetto di guadagno economico totalmente avulso dal mezzo viene espresso al massimo in D.D.D.: i Dogo arrivano addirittura a rimpiangere di non aver scelto il mondo della dance, molto più remunerativo e meno impegnativo di quello del rap. Questa malsana idea viene per altro ripresa da Guè in una puntata di quel capolavoro televisivo che è Club Privè, in cui afferma testualmente: “Dovevo fare il Dj, non il rapper italiano sfigato di merda“, alla vista dell’entità delle richieste di amicizia su Facebook dell’amico DJ. Il mondo della discoteca rimane quindi una sorta di sogno mai raggiunto per i Club Dogo, un sogno che sono sì riusciti a vivere, ma evidentemente non in maniera totalmente appagante.
Il Sole e La Luna ft. Daniele Vit
Il rapporto coi genitori non è mai stato un argomento particolarmente frequente nei pezzi di Jake e Guè Pequeno, Il sole e la luna tratta invece proprio del loro rapporto con la figura materna.
Ma’ mi ha visto piangere di rabbia e di disperazione,
E poi fare un concerto con migliaia di persone,
Siamo legati anche se non c’è più il cordone,
E ancora quando me ne vado fai la raccomandazione
(da Il Sole e La Luna, Jake La Furia)
Il riscatto sociale dei Dogo passa anche dal riscatto famigliare, sia Jake che Guè si rendevano conto di non essere esattamente dei figli modello, e di aver dato ai loro genitori più preoccupazioni che soddisfazioni, il successo economico e musicale invece regala loro una seconda occasione per rifarsi.
Ascolta “Nuove Nike”:
“Nuove Nike” è la punta di diamante del modello di estetica dei Dogo, ed è forse il pezzo che più può far comprendere quanto un disco come Che Bello Essere Noi possa essere stato importante per sdoganare alcuni concetti nel rap game italiano e renderli addirittura clichè e capisaldi del genere.
Sono infognato con le Nike ci vado sotto,
Dell’artista impegnato me ne fotto,
Non ha le Nike ma per suonare prende un botto
(un botto di cash)
Cazzo guardi vuoi una foto?
(da Nuove Nike, Guè Pequeno)
Artisti come la Dark Polo Gang o Sfera Ebbasta, assieme a tanti esponenti della nuova scena italiana, hanno sicuramente elementi come l’estetica ed il sound in cima alla loro gerarchia di importanza all’interno della costruzione di un pezzo. Una traccia come “Sportswear” probabilmente oggi sarebbe stata capita meno se i Dogo non avessero introdotto e sdoganato il concetto del fashion bragging dieci anni fa, e rendendo usuale e accettabile il fatto che le liriche e i contenuti potessero passare in secondo (o addirittura in terzo) piano rispetto ad altri concetti all’interno di un pezzo rap.
Una chicca di che rende ancora più emblematica questa traccia per quanto riguarda il valore del suono, dell’estetica e dell’effimero e il suo prevalere sull’effettiva importanza del contenuto e del significato intrinseco delle parole contenute all’interno di una traccia, Guè sentenzia in questo modo nel testo:
“Quando arrivo con l’edizione limited,
tu puoi andare a fare in culo con le Bikkembergs”
(da Nuove Nike, Guè Pequeno)
Ignaro del fatto che nel 2015 dopo avrebbe posato come testimonial proprio per il brand che aveva denigrato e insultato solo pochi anni fa. E ovviamente va benissimo così.
Cocaina ft. Noyz Narcos:
Che Jake La furia abbia effetivamente fatto il coca rap prima dei rapper ad Atlanta non ne siamo totalmente certi, ma i Club Dogo sono stati senza dubbio i primi a trattare il tema della cocaina nel rap italiano, ma, cosa ancora più rivoluzionaria, ad ammettere pubblicamente di averne fatto uso all’interno dei testi.
Bianca vergine pura,
Toglimi la paura/
Trasformami in un vincente,
Imboscati dalla pula/
Le strade sono piene della tua gloria, zio prega
Nel nome della riga, del CD e della scheda/
Amen
(da Cocaina, Club Dogo)
L’incipit della traccia è in forma di preghiera, i Dogo conoscono la coca. conoscono i suoi effetti e riconoscono il rapporto di sottomissione quasi divina che chi ne è dipendente ha nei suoi confronti. “Cocaina“ è una traccia molto cruda, il videoclip è quasi horror e mostra i corpi di Jake, Guè e Noyz Narcos scavati e rovinati dall’abuso della sostanza. Il messaggio vuole essere una denuncia non tanto dell’esistenza della cocaina, ma di quanto quest’ultima venga assunta in un certo tipo di ambiente, nonostante l’ipocrisia e il buonismo che lo circonda.
Buchi nella pancia, l’ulcera di questa Italia marcia/
In borgata oppure al centro in parlamento al mio concerto,
Stesse merde, dillo al tuo talk-show, ma aspetta che ti scende
(da Cocaina, Noyz Narcos)
La traccia dunque demonizza la coca, ne mostra e ne racconta tutti gli effetti negativi che questa può dare, ma avverte il grande pubblico che spesso coloro che pubblicamente la denigrano sono i primi ad abusarne. Ritorna ancora dunque il concetto del realismo dei Club Dogo, del Che bello essere Noi e del potersi permettere di trattare certi argomenti, di essere veri, onesti e forse un po’ più umani rispetto all’ambiente circostante.
Merda mi hai rubato tutto,
fra’, fai una botta che fa brutto,
Ed è sul letto all’ospedale che ho capito il trucco
(da Cocaina, Jake La Furia)
Notte Prima degli Esami
Sulla scia di “Cocaina“ continua il filone narrativo dell’onestà nel quale i Dogo trattano argomenti sensibili, avvisano il pubblico dei pericoli che ci circondano nella società odierna e nel contempo ammettono di fregarsene completamente. “Notte prima degli esami“ tratta il tema delle precauzioni, del sesso protetto e dell’AIDS. Ancora una volta l’onestà narrativa dei Club Dogo li porta a raccontare situazioni vissute fin troppe volte sulla loro pelle, situazioni in cui sapevano quale fosse la cosa giusta da fare, ma nelle quali hanno tuttavia deciso di ignorarla completamente.
Zio vuoto, farlo col goldone
è come avere il casco in moto,
è più sicuro ma si gode poco/
e frate non ci pensi mentre pompi e fai le foto,
Intanto tu le dai due botte zio e le dici che lo metti dopo
(da Notte Prima degli Esami, Jake La Furia)
Quella che può sembrare quasi una campagna (poco) cattolica contro l’uso delle precauzioni sessuali, è in realtà una semplice ammissione di colpa dei Club Dogo, ma anche una triste rassegnazione alla realtà e allo stato effettivo delle cose. Questa elevatissima self-consciousness del testo talvolta finisce per sfociare addirittura in vanteria, mostrando quasi un velato orgoglio per le proprie azioni sbagliate e per i propri errori, quasi come se il fatto di essere veri ma sbagliati rendesse migliori di essere finti ma giusti.
Frate siamo promisqui,
la vita è già pesante e non ci pensi
che pure quando scopi corri rischi/
e tutti fanno come me che faccio sesso sicuro,
nel senso che quando esco faccio sesso, sicuro
(da Notte Prima degli Esami, Jake La Furia)
Qualcuno Pagherà ft. Nex Cassel
Il quarto punto dell’operazione di sdoganamento di tematiche critiche dei Club Dogo passa per la politica. “Qualcuno pagherà“ tratta la corruzione dello stato italiano e dei suoi rappresentanti, l’originalità tuttavia non sta nell’argomento in sé e per sé, né nella particolare profondità della critica mossa, tanto più nel linguaggio e nella modalità utilizzata.
In disco sto di fianco ai loro figli,
Brindano alle madri troie e ai loro padri ladri e ricchi/
E io pago per riempirgli il naso,
Le troie a Bertolaso,
Siete fuori, sette fori a Palazzo Grazioli
(da Qualcuno Pagherà, Guè Pequeno)
La sola idea di censura è totalmente assente nella mente dei Dogo, che anzi si sentono quasi in dovere di citare nome e cognome dei protagonisti di alcune vicende politiche quantomeno controverse.
Fino alla Fine
Il pezzo di chiusura di CBEN è “Fino alla Fine“, un pezzo che racchiude senza dubbio l’essenza di tutto l’album. I Dogo rivendicano ulteriormente la totale assenza di vincoli o qualunque tipo di limitazione imposte nello scrivere le loro canzoni, e arrivano a dire che nemmeno i soldi cambieranno il loro modo di esprimersi, e tanto meno loro stessi.
Ma siamo veri sì, senza dei conti a sei zeri/
Siamo fieri di non essere schiavi, di non essere squali,
Vivere come se qua non ci fosse un domani,
Che torni all’alba e ti scordi anche come ti chiami
(da Fino alla Fine, Guè Pequeno)
Sembra esserci quasi uno strano rapporto di timore-amore tra i Club Dogo e il denaro: per quanto i soldi guadagnati con la musica comincino a diventare protagonisti positivi dei testi delle loro canzoni, assieme a tutto ciò che coi soldi si può comprare, rimangono comunque una sorta di incombenza negativa, di presagio oscuro che presto o tardi potrebbe cambiare in negativo i principi e la morale dei tre MC, che risulta già più che vacillante in questo album.
Che Bello Essere Noi è tutto questo, è la porta verso la libertà morale che i Dogo (e forse tanti altri rapper italiani prima di loro) hanno sempre voluto varcare, è autocritica, self-consciousness e sincerità, è denuncia sociale e denuncia di sè stessi. Con Che Bello Essere Noi i Club Dogo hanno decisamente dato una svolta più significativa al Rap Italiano, ergendosi a padri di una nuova generazione di rappers attraverso la creazione di questa sliding door senza la quale oggi probabilmente non avremmo la possibilità di ascoltare un certo tipo di musica o ammirare i risvolti di una cultura a cui i Dogo hanno fatto da apripista.
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