In una delle molte interviste di promozione del nuovo album “Status”, Marracash parlò anche del suo rapporto con lo street rap e di come questo fosse diventato più stretto nell’ultimo periodo:
«C’è stata, da una parte, una sorta di maturità per cui a un certo punto ho deciso di imboccare una determinata strada. La mia attitudine di partenza è il rap street, di attaccamento al quartiere, che mi piace fare nonostante non attecchisca nel nostro paese. Lauro, in tutto ciò, ha avuto un ruolo sicuramente. Quando l’ho conosciuto ho veramente rivisto me stesso alla sua età, sia umanamente che artisticamente. È anche grazie a lui se ho ritrovato un certo entusiasmo».
Il contatto, fra i due, prima e dopo quest’episodio, rimane comunque evidente, sia per mezzo dei social, dove Achille Lauro condivide sovente citazioni del front-man del roster Roccia Music, sia nei dischi, con Marracash che ha inserito il giovane romano nel proprio disco nell’elite dei rapper che stima, come dichiarato in conferenza stampa, e che si ritrova a essere uno dei tre featuring in “Dio C’è”, il secondo album ufficiale di Achille Lauro, in uscita in queste ore.
Ascolta “Pusher”:
Proprio per la promozione di questa seconda fatica in Roccia Music di uno degli artisti di punta del roster, oltre al video di Ghetto Dance e dell’intro dell’album, si è scelto di diffondere su Facebook Pusher, prodotta da Banf, numero 9 della tracklist, dedicata al fratello recentemente arrestato, storytelling del loro rapporto di gioventù.
Proprio per il rapporto di cui sopra e per la vicinanza di argomenti dei due pezzi, è molto difficile non paragonare questo brano con Il Nostro Tempo, traccia estratta da “Status”, che raccontava il rapporto tra Marracash e un caro amico, con il quale le strade si sono forzatamente divise.
Ascolta “Il Nostro Tempo”:
Nel confronto, tra i due brani, cambia il punto di vista. Quello di Marracash ha un narratore che, per quanto sia emotivamente coinvolto, sembra essere quasi esterno, un occhio attento, vigile, ma che controlla attentamente le mosse dell’amico. La canzone infatti inizia raccontando l’ammirazione di Marracash per il protagonista de Il Nostro Tempo, raccontando di come lo si vedesse in giro per la Barona e il rapper e l’amico in comune che legherà i due fossero attratti dal mestiere del pusher.
Marracash, però, a parte qualche sporadico episodio “un po’ per lavoro, un po’ per svago ci diamo forte”, giudica e parla degli episodi salienti usando la seconda persona plurale “non giudico mai le tue scelte“ o ancora “la tua pazzia veniva fuori nelle depressioni, fra’, del giorno dopo“.
Lo storytelling di Achille Lauro è invece più coinvolto; lui e il fratello erano dichiaratamente soci in questo giro di affari, come si evidenzia da barre come:
«tagliavamo la coca in una cantina/
ogni dose in ogni bustina / eravamo ricchi ogni mattina»
(da Pusher)
Da queste rime si percepisce anche una piccola ma fondamentale differenza: la canzone di Achille Lauro è più esplicita di quella di Marracash, nella quale non si cita mai direttamente la cocaina, si parla di “sostanza”, ma potrebbe essere qualsiasi droga, tanto che spesso si parla anche di erba (“Ricordi quel giorno, ti dico la rollo, la fumiamo mentre portiamo giù Lollo”).
A differire è anche la conoscenza che si ha dei due personaggi in questione: il fratello del rapper romano è personaggio molto citato, in ogni intervista in merito a Achille Idol-Immortale, egli ci teneva a sottolineare come per lui fosse stato fondamentale la cultura musicale inculcatagli dal fratello con il quale, sin da piccolo, aveva condiviso la casa, lontano dai genitori.
Il pezzo assume dunque ancora più valore perché l’importanza del fratello per Lauro non è certo cosa ignota. Del protagonista della traccia che contiene un campione dei Subsonica, invece, si sa ben poco.
Solo con un orecchio un po’ più attento si può ritrovare qualche riferimento a degli episodi, come quello dei dieci grammi tagliati a occhio, elemento che compariva anche in Mi Piace, estratto dal mixtape Poesia Cruda, e che ci permette di dare un nome a questo misterioso personaggio (Rocco), ma nulla di più.
A cambiare, ovviamente, non sono solo queste cose, ma anche molti altri “piccoli” dettagli che rendono le due narrazioni parallele, estremamente vicine, quasi prossime al contatto, ma ognuna ben nitida e distinguibile dall’altra.
Cambia lo sfondo, da una parte è Roma, dall’altra Milano. Cambia che la delusione, o meglio, il trauma, è nel caso di Pusher molto recente, come spiegava un post sulla pagina ufficiale di Achille Lauro, oggi scomparso, mentre per quanto riguarda Il Nostro Tempo si parla del periodo adolescenziale e poi di crescita di Marracash:
«lo stesso anno che chiudevo il contratto /
tu chiudevi effetti personali in un pacco»
(da Il Nostro Tempo)
È quindi un back in the days, rivissuto. Affini ma lontani, dicevamo, per ovvie ragioni. Il Nostro Tempo è, come scritto in precedenza, più enigmatico, più intimo e allo stesso tempo più poetico. Non parla accuratamente nei dettagli della vita vissuta, anche se a tratti sembra farlo, lascia all’ascoltatore un’interpretazione semi-libera di ogni aspetto del racconto. D’altro canto, Pusher presenta una storyline più chiara, più grezza, ci sono dettagli quasi microscopici, che come fosse un quadro realista dipinge perfettamente tutte le scene.
Il perché, in qualche modo, è comprensibile anche ascoltando l’intervento di Marracash al Wired Next Festival, nel quale l’artista sottolinea come, per scrivere, sia necessario scegliere uno, e solo uno, interlocutore e scrivere unicamente per lui. Qualora si riuscisse in ciò, anche tutti gli altri riusciranno a percepire il racconto, anche senza aver mai vissuto quell’esperienza.
Gli interlocutori di Marracash non sono necessariamente gli stessi di Achille Lauro, per molteplici ragioni, geografiche ma anche generazionali, comportamentali ma anche di rapporto con i soggetti dei due testi.
Il pubblico, però, da ambo le tracce, può percepire ciò che rende veritiero il racconto, ciò che fa immedesimare l’ascoltatore e, per citare ancora Marracash a Wired, percepire il feelings: l’autenticità. Entrambe le storie sono così crude e particolari che altro non possono che risultare vere, vissute e vivibili, tanto da far calare nei panni dell’artista chiunque ascolti le parole delle canzoni.
La veridicità come punto di partenza per la condivisione di un sentimento, riversato nelle canzoni per l’impossibilità di farlo con il diretto interessato.
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